Las cartas intercambiadas entre un soldado italiano prisionero en India y su madrina de guerra durante la Segunda Guerra Mundial han ganado la vigésimo novena edición del Premio Pieve Saverio Tutino.
Un amore sbocciato lettera dopo lettera, parola dopo parola. Sullo sfondo la Seconda guerra mondiale, la prigionia di uno dei due protagonisti in India e tutte quelle vicende politiche che dal 1940 al 1946 hanno infiammato il mondo occidentale.
E’ il fitto epistolario tra Annamaria Marucelli e Francesco Leo il vincitore la 29esima edizione del Premio Pieve Saverio Tutino. Il riconoscimento è stato consegnato domenica 15 settembre alla figlia della coppia, Daniela Leo, durante l’evento conclusivo della manifestazione.
Lei, madrina di guerra, fiorentina che vive a Roma, nel 1940 inizia a scrivere lettere a lui, milanese che dopo aver combattuto in Africa orientale come volontario e in Libia, viene catturato dagli inglesi e trasferito come prigioniero in India. Annamaria non può immaginare che un giorno si conosceranno, che il sentimento nato durante la corrispondenza trasformerà pian piano in amore e che lui diventerà il padre dei suoi figli.
“Le lettere che vanno dal 1940 al 1946 – si legge nella motivazione –, si presentano alla lettura avvincenti come un romanzo, per il tentativo di avvicinarsi di due personalità forti e a tratti opposte. Negli anni l’amicizia si approfondisce fino a sfociare in un legame d’amore che durerà tutta la vita”.
Secondo, quasi a pari merito è arrivato il diario di Francesco Sartori “Con gli occhi di un padre” e hanno meritato una menzione il diario “Musafir” di Rosario Simone e le memorire “Patrie ingrate”di Adriano Andreotti.
Ed ecco il testo integrale della motivazione scritto dalla giuria:
La giuria assegna il premio all’epistolario “Yol-1511” di Francesco Leo e Annamaria Marucelli. Le lettere, che vanno dal 1940 al 1946, si presentano alla lettura avvincenti come un romanzo, per il lento avvicinarsi di due personalità (il soldato, poi prigioniero in India, e la sua madrina di guerra) forti e a tratti opposte. Negli anni l’amicizia si approfondisce fino a sfociare in un legame d’amore che durerà tutta la vita. Se la censura e il riserbo sembrerebbero limitare le possibilità di comunicazione, nel corso del tempo e in particolare a guerra finita, il dialogo acquista altresì profondità e intimità, riuscendo nello stesso tempo a riflettere quanto accade in momenti decisivi sulla scena pubblica italiana ed europea.
Secondo, quasi a pari merito, “Con occhi di padre” di Francesco Sartori. Si tratta di un curioso, affascinante esempio di diario e libro di famiglia, tenuto da un proprietario terriero laziale all’inizio del secolo XX, incentrato sulla nascita, lo svezzamento e la crescita del figlio maschio primogenito. Una vicenda cui l’autore prende parte attiva e di cui annota ogni minimo dettaglio. Ad attirare il nostro interesse sono la precisione dei particolari, anche quelli concernenti la mentalità religiosa, e infine la vita politica di un’Italia in via di modernizzazione. La vita dell’autore procede tranquilla, saldamente ancorata alla famiglia e alla fede cattolica.
Merita una menzione il diario “Musafir”, di Rosario Simone, per l’estrema attualità del tema e l’inesauribile curiosità e apertura mentale con cui l’autore attraversa il mondo arabo.
E ugualmente la merita Adriano Andreotti, che nelle sue memorie “Patrie ingrate” racconta a distanza di trent’anni le vicende della sua immigrazione in Libia dando prova di una singolare capacità di scrittura.
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Fotografía procedente de la página web del Archivio dei Diari di Pieve Santo Stefano